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Carissimi lettori

Chiunque si unisca al sito, condivida, inviti amici o diffonda il contenuto di questo blog avrà in omaggio 10 sedute di Passeroterapia con la Dott.ssa Terry de Nicolò esperta in import-escort presso il Centro salute e benessere "Dimora Lele".

lunedì 26 gennaio 2015

IV seduta di horrror therapy-Baby Call



Dopo diverse sedute di Horror-therpay passate sotto silenzio perché nulla m’era parso degno di nota, ecco quella che assolutamente non posso mancare di raccontarvi e che ruota tutta intorno alla visione del norvegese “Babycall” interpretato dalla cacofonica e giovanissima Noomi Rapace che tutti ricorderete per l’ormai celebre quanto insopportabile “Donne che! Oddio, no! gli uomini!!”.


Ebbene, la vicenda narra di una giovane e cacofonica madre, con evidenti turbe psichiche, che si trasferisce, sotto la tutela del tribunale dei minori, a vivere in un appartamento con Anders - il figlio di 8 anni - dopo che in famiglia si sono consumati fatti tragici di violenza sul minore ad opera del padre del bambino che ovviamente è stato allontanato e non sa dove la coppia madre-figlio si trovi. Nonostante ciò La giovane madre si rivela da subito ossessionata e attaccatissima al bambino, è terrorizzata che possa capitagli qualcosa (nella fattispecie che il padre possa tornare) e così lo tiene con sé a dormire e non lo manda a scuola, ma i simpatici assistenti sociali che passano spesso a trovarli in appartamento, hanno da ridire su queste abitudini fusionali e invitano la cacofonica madre a portare il figlio a scuola e a farlo dormire nella sua camera, pena l’affidamento ad una famiglia provvisoria. Così, la Rapace, che non si rassegna alle sue vitali manie di controllo sul bambino, si reca dalla versione norvegese di Eldo per comprare un babycall, un ricevitore di peti infantili, fruscii ed interferenze da tenere acceso durante la notte mentre il bambino dorme nella sua stanza. Da Eldo Rapace trova un gentile e melenso venditore, subito attratto dal suo aspetto cagionevole e depresso, che l’assiste nell’acquisto lasciandole anche ad intendere una certo interesse che oltrepassa la tecnologia ma non sfocia nel sesso. Lui vuole parlare, la Rapace, secondo me no, una scopata se la farebbe. Ovviamente anche lui è psicolabile (in Norvegia se ne salvano pochi) ha una madre ricoverata in ospedale prossima alla morte ed è molto preso e compreso da questo edipo destinato a spegnersi nella bara. Ogni sera dopo il lavoro va a trovarla in Ospedale. E’ dotato di pene ma quello che offre alla Rapace è uno scialbo sorriso norvegese, tanta cortesia (apre e chiude le porte) e assistenza clienti h24 sui babycall.
L’aggeggio però comincia a segnalare strani suoni che non provengono dalla stanza del bambino che invece si schiaccia fragorosi e pasciuti sonni. Si tratta di urla di un altro bambino che non si sa come arrivano sul baby call della nostra protagonista. Ovviamente, allucinata più che mai, la Rapace si reca con lo scontrino dal venditore gentile che la corteggia il quale le spiega che potrebbe trattarsi di un’interferenza e le suggerisce di selezionare un altro canale di ricezione.
Le fa vedere come si fa e poi si vanno a prendere un te (perché in Norvegia sono scialbi e cauti) al bar di Eldo (figuriamoci!). Ma le urla che descrivono bene l’aggressione subita da un minore continuano e la Rapace si mette in moto da investigatrice per capire in quale appartamento dell’enorme stabile si stia consumando quella violenza. Ovviamente fa buchi nell’acqua, va a bussare a tutti i citofoni e non cava un ragno da un buco. Intanto il piccoletto di 8 anni fa amicizia con uno strano bambino dall’aspetto emaciato il quale appare piuttosto sibillino, compare e scompare senza far capire bene da dove viene e ama esibire i suoi lividi. Noi spettatori, pure vittime di violenza, pensiamo che le urla intercettate dal babycall difettato di Noomi Rapace siano le sue, però nello stesso tempo capiamo pure che Noomi qualche rotella fuori posto la tiene, perché comincia ad avere delle visioni di cose che non esistono. Siamo molto confusi e attediati dal colore del cielo di Norvegia.
Cominciamo anche a sospettare che il figlio non esista e la nostra protagonista faccia tutto da sola addirittura che si sia messa anche a capo della regia del film ad un certo punto. Tutti i personaggi si rivelano essere altro.
Neanche gli assistenti sociali assistono ed esistono più, il mondo cade giù per terra giro giro tondo, mentre il commesso di Eldo che si era innamorato resiste e cerca pure di salvare senza successo Noomi Rapace dalla sua follia, ma non ce la fa perchè ormai il babycall ha preso a parlare in autonomia e manco la garanzia di due anni può più nulla. Non vi dico altro convinti di aver appiccato il fuoco della vostra curiosità.

domenica 25 gennaio 2015

III seduta di Horror Therapy-FACES IN THE CROWD

Non posso esimermi dal riportavi qualche nota sulla visione del magnifico “Faces in the crowd” corrispondende alla terza seduta di trattamento Horro-therapy.
 Il film è interpretato dalla bona quanto incapace Milla yoyoWC, la quale si trova ad assistere, di ritorno da un aperitivo con le amiche, al brutale assassinio di una donna per mano del serial killer che terrorizza la città. L’FBI lo cerca da un anno, la nostra Milla lo trova giusto quella sera che torna a casa da sola, senza manco averlo mai cercato e in uno stato limitato di lucidità.
La fortuna dei principianti! 
Sfugge all’agguato lanciandosi a cofanetto da un ponte altissimo, ma batte la testa e si risveglia il giorno dopo in ospedale con un problema che diventa subito anche il problema dello spettatore. 
 Il trauma cranico, di fatti, le ha causato un disturbo neurologico che le impedisce di distinguere i volti di chicchessia. La scelta registica, per dare conto di questa terribile condizione, è quella di cambiare continuamente gli attori che interpretano i personaggi con cui Milla entra in contatto, inaugurando un festival di comparse senza spessore che precipitano lo spettatore in uno stato mentale di disaffezione ed indifferenza pari solo a quello delle cassiere della Conad di Via Duomo quando ti passano la spesa alla cassa. Ma veniamo al plot:
Capirete che per Milla sono subito cazzi, e non non solo in senso metaforico poichè la psichiatra da cui va a consulto, per lo stato di angoscia in cui versa, le propone un metodo di identikit bislacco quanto brillante che consiste nel distinguere le persone sfruttando altri dettagli significativi della figura umana, come ad esempio il pacco. La poverina trascorre le giornate a schizzare pacchi e alti accessori su un taccuino per evitare figure di merda, ma una sera toppa proprio con Brais, l’insulso fidanzato che le sta accanto, buttandosi tra le braccia di un altro. Brais si offende ed esce di scena dando mostra di tutta la sua insensibilità. Uno in meno.
Ma diciamo che le amiche sessuomani non sono da meno quanto a sensibilità e tatto ed una sera, durante l’aperitivo, nello stesso bar dove andava pure Briggi Ggiò, le dicono che deve ritenersi fortunata potendo godere, senza fare alcuno sforzo, di una certa promiscuità sessuale che loro sono costrette a procacciarsi faticosamente nei locali, spendendo un sacco di soldi in drink che fanno ingrassare.
Le angherie che questa poverina è costretta a subire non si limitano solo alla sfera delle relazioni sociali: il maniaco assassino, che non si è dimenticato di lei, inizia a perseguitarla, prendendosi gioco del suo handicap e tormentandola in metro, al bar, in salumeria, senza poter essere identificato.
E’ a questo punto della storia che la nostra prosopagnosica, incompresa da tutti, incontra l’investigatore che indaga al caso del serial killer, il quale decide di inserirla nel programma di protezione testimoni dell’FBI. Tale programma prevede weekend in una baita di legno su un lago, con champagne ostriche e passeggiata sul pontile al chiaro di luna. I due, con un’offerta groupon così, non possono che innamorarsi l’uno dell’altra, inoltre, al risveglio, lui rimane con la stessa faccia da coglione della sera precedente, fatto esclusivo per la nostra Milla, rassegnata ormai quasi del tutto a convivere con la mutevolezza dei volti. Eureka! Si scopre che un dettaglio marcato del volto, come un orribile pizzetto, aiuta la ragazza a conservare i tratti somatici. Ovviamente il giorno dopo che fa l’intelligentone, che poi non ci dobbiamo stupire se è da un anno che cerca l’assassino invano? Si sbarba. E’ a questo punto che Milla - in un inseguimento rocambolesco per le vie della città in cui sono coinvolti lei, l'investigatore celebro Laisy ed il serial Killer – si trova nuovamente a non distinguere un cazzo e ricorre alla fuga indistinta da tutto e da tutti. E’ solo sul finale che Laisy, tutto amore e niente quoziente intellettivo, ci stupisce per la sua sagacia. Viene ferito da un colpo sparato dall'assassino e che cosa fa per permettere alla sua amata di riconoscerlo? Si disegna un pizzetto in volto con il sangue che gli esce dalle vene e così Milla, riabilitata nella sua facoltà distintiva, può sparare un colpi in petto all’assassino senza rischiare l’errore. Ovviamente, dopo uno sforzo intellettivo così spericolato - che gli ha fatto pompare più sangue del solito al cervello - l’investigatore muore dissanguato, ma grazie al Coupon di Groupon “protezione testimoni” la nostra yoyo WC dà alla luce una bellissima bambina con il pizzetto. Non vi svelo l’identità dell’assassino certa che questa insostenibile ignoranza vi condurrà diritti alla visione dello splendido e senza rivali “Faces in the crowd”

venerdì 23 gennaio 2015

II Seduta di Horror Therapy-Hypnos

Sono alla seconda seduta di trattamento della mia Horror-therapy. 
Ieri ho assunto "Hypnos" che si situa nel profondo solco dei Basaglia-horror movie, cioè di quella tradizione cinematografica dell'orror che dialoga, impacciatamente e senz aalcuna cognizione di causa, con il disturbo mentale e tutti i suoi derivati. La storia è ambientata in una lussuosa clinica psichiatrica, collocata sul ciglio di un burrone, con sotto il mare che impazza e manco una CONAD nei pressi. 
La protagonista è una giovane psichiatra che arriva presso la Clinica per completare il suo iter formativo orientato alla ipnoterapia. La nostra dottoressa non nasconde di avere qualche problemuccio depressivo (per cui prende farmaci), un'agorafobia conclamata (per cui non prende ascensori) e un Edipo acora notevolmente florido che la porta a sedurre individui di qualsivoglia genere e numero, nel tempo libero, ma anche durante il lavoro. Tra l'altro la nostra dottoressa si forma in regime residenziale ed ha diritto ad un stanza vista mare, con servizio in camera, tv e minibar. Un pò perchè la clinica è in culo al mondo, un pò perchè gli spagnoli si sanno godere la vita e un pò perchè la scena di lei che disegna la linea dell'orizzonte sulla finestra della sua stanza, deve essere stata la scintilla estetica che ha innescato il processo creativo di sceneggiatori e regista. 
La nostra provocante dottoressa appare poche volte con il camice bianco che serve a disinguerla dai pazienti, anche loro in regime residenziale, ma oserei dire proprio che appare poche volte vestita. Si distingue più che altro grazie ad una sottoveste di raso che le piace indossare, ma anche quella a metà del film comincia a scomparire, per lasciare definitivamente il posto alle nudità della nostra eroina, ripresa sotto la doccia mentre viene spiata da un paziente guardone. 
Il film punta sullo spiazzamento dello spettatore che a metà film si interroga sulla corretta catalogazione dell'opera sotto la voce "horror", ma non vi dico altro e lascio a voi completare l'esclamazione che si trova tra queste due virgolette "....... ....!!"

giovedì 22 gennaio 2015

I seduta di Horror Therapy-CASE 39

Ieri ho visto un film horror come terapia d’urto pre-addormentamento che sto conducendo da qualche giorno a questa parte.
La teoria alla base di questa terapia si ispira ai principi del comportamentismo: le trame horror si impongono sui miei pensieri altrettanto horror, cosicché i secondi vengono offuscati dai primi. Devo dire che funziona. Ma veniamo al fantastico “Case 39”, recitato da quella che per me resterà sempre Briggi Ggiò, ovverosia René Zella-wagner, la quale, qui, interpreta il ruolo di un'assistente sociale che si occupa di tutelare i minori.
Dovete sapere che in America le assistenti sociali lavorano moltissimo e per tale ragione non hanno una vita sentimentale; la sera tornano nella loro casa da single, si piazzano sul divano con un calice di vino e si guardano le televendite.
Un giorno le viene affidato il caso di una minore per la quale c’è stata una segnalazione scolastica. La bambina si isola, appare tormentata e si addormenta sui banchi. Inizialmente Briggi Ggiò smadonna il capo, a dire che già aveva 38 casi sulla sua scrivania, ma poi si fa intenerire dalla foto della piccola Lilith, apposta sul frontespizio del fascicolo ed accetta. Subito si reca a casa della famiglia sospettata ed incontra i bisbiglianti e stranissimi genitori che appaiono respingenti e minacciosi. La piccola è in un angolo, muta, con la faccia appesa e Briggi Ggiò, ormai catturata dalla sofferenza della bambina prova ad avvicinarla in disparte per farla parlare. La piccola le confida che i suoi genitori sono cattivi e vogliono spedirla al creato. Ecco che Briggì Giò è bella che fritta, cotta a puntino, subito abbandona gli altri 38 casi e si fa assorbire totalmente da questo, lasciando alla bambina il suo numero privato per qualsiasi emergenza. La bambina non se lo fa ripetere due volte e quella stessa notte la chiama in preda al panico per annunciarle che i due mostri stanno per agire. Briggi Ggiò, ormai tutt’uno con'cas' 39, si precipita nella sua auto squadrata, un po’ vintage, allertando un suo amico poliziotto, alle due di notte, perché accorra in suo soccorso presso il domicilio della famiglia. Arrivano e salvano la creatura appena in tempo dalle fiamme del forno dove i due genitori l’avevano chiusa, bloccando il portellone con 10 giri di quello scotch color argento, che si compra dal ferramenta, resistentissimo a tutto. Ora, quello doveva essere un segno, invece Briggi Ggiò, che non si intende di articoli di ferramenta e che in questo film in realtà si chiama Emily, si fa prendere dai sentimentalismi: segue colluttazione con i due genitori, che impugnano qualsiasi arma a disposizione nella cucina, pur di portare a termine la loro missione. I nostri eroi, però, hanno la meglio e i due vengono arrestati, processati e spediti in un carcere di alta sorveglianza. La bimba viene inserita in un centro di cura per bambini traumatizzati, dove lavora come terapeuta di gruppo Braddly Cuppy, il belloccio del film, che ha fatto la sua analisi personale con Massimo Recalcati, pretendente amoroso della nostra Emily dai tempi del liceo e a cui Emily, dai tempi del liceo, dice che non può impegnarsi sentimentalmente perché lavora troppo. Insomma i due sono molto uniti, diciamo pure che Braddly è il suo unico contatto sociale, perché in America le assistenti sociali non hanno contatti sociali, sono emarginate. Briggi/Emily non si fa manco sfiorare, fanno solo aperitivi dopo il lavoro, però lei sa come tenerlo legato, ad un certo punto, durante uno di questi aperitivi gli dice “se un giorno decidessi di avere un storia…..” e non finisce la frase.
Chi di voi non simpatizzerebbe con il parasimpatico Braddly? La piccola Lilith, intanto, si affeziona alla sua salvatrice, anzi diciamo che le si azzecca proprio come un’ azzecca, per l’appunto. Si mette dentro alle orecchie, lamentosa, e fa di tutto per farsi adottare dalla nostra eroina, che rimane inizialmente molto in dubbio tra le serate trascorse a vedere le televendite senza rotture di palle e l’idea di prendersi cura della creatura bisognosa. Poi alla fine accetta perché è buona e ha tanto amore da dare, a tutti, tranne che a Braddly Coopy con cui fa solo aperitivi dopo il lavoro. Il resto del film è un succedersi di eventi spiacevoli, per i quali vince su tutte un’unica e lapidaria conclusione “chi m’ha cecat!!”. La creatura innocente si rivela, infatti, essere un demonio manipolatore con poteri persuasivi mortali e paraOrmonali. Già la vita di Briggi Ggiò/Emily era all’insegna dell’isolamento, ma con l’avvento della creatura nella sua vita, anche quei pochi contatti sociali coltivati fino a quel momento a fatica, vengono eliminati uno ad uno, primo tra tutti Braddly e, secondo tra la folla, l’amico poliziotto. Rimasta sola al mondo e confinata in un clima di terrore per cui è costretta a barricarsi con doppi chiavistelli nella sua stanza da letto - mentre il mostro, si aggira per casa indisturbato, chiedendole in realtà solo di essere amata - Briggi decide di andare a fare visita ai due genitori altamente sorvegliati, pagando una cifra di soldi per il biglietto di andata/ritorno. I due, come la vedono arrivare, le dicono, anche poco gentilmente “hai voluto la bicicletta e mo pedala...noi ce la siamo nzucata per 10 anni e mo tu ti lamenti per qualche mese di orrore, morte e isolamento sociale. Le suggeriscono come unica risoluzione del dramma di eliminare il mostro quando dorme. E qui, Briggi, ne combina una dietro l’altra, perché di fondo non è una tipa violenta e poi in lei regna sovrano l’imperativo del soccorso ai minori. Le viene imposto, dal caso, di capovolgere tutto il suo assetto mentale e non sono proprio cose da niente, sopratuttto per una che la sera si vede le televendite. Non vi dico altro, per lasciarvi un po’ di suspance ed invitarvi a vedere questa aggraziata opera filmica